Fai anche tu parte della schiera di quei padri moderni che tentano ad ogni costo di essere amici dei figli? Che cercano in ogni modo possibile di farsi capire, di tenere aperto un dialogo il più comprensivo possibile? Di venire incontro a tutte le loro esigenze perché, alla fine, vuoi essere un genitore migliore di quello che sono stati i tuoi?
Segui la corrente: non invertire i ruoli!
Essere un padre comprensivo e disponibile all’ascolto è qualcosa di buono. Ci mancherebbe. L’attenzione alle esigenze del figlio sono sempre una cosa buona. Però questo non deve avvenire a discapito della verità e di un giusto rapporto dei ruoli.
Un’immagine semplice ma potente ci dà uno sguardo d’insieme che non dobbiamo mai dimenticare: lo si voglia o no nel rapporto padre-figlio il primo dà la vita e il secondo la riceve.
Non è un rapporto tra pari ma un rapporto che indica una relazione di subordinazione del figlio nei confronti del genitore.
Questo non significa possesso, sudditanza o mancanza di autonomia e libertà. Sta a indicare una condizione che è data dalla natura e non dalla cultura di appartenenza.
Come per lo scorrere di un fiume: l'acqua va sempre dalla sorgente alla foce e poi al mare. Mai al contrario.
A ciascuno il suo
Subordinazione non significa che il figlio non ha diritti e non gode della sua giusta possibilità di decidere il proprio futuro. Significa che all’interno della relazione ci sono dei ruoli che sono distinti e, se si vuole che ci sia ordine e non confusione, ognuno deve fare la sua parte. Che in sintesi si può dire così: che il padre faccia il padre e che il figlio faccia il figlio. Tutto qui. Né più né meno che questo principio. Tradotto nell'azione pratica cosa significa questo?
Significa che il genitore non deve venire mai meno al suo ruolo. Un ruolo che non è solo quello dell’ascolto e della comprensione, ma anche quello dell’indicare la strada, di mettere dei paletti, di dire chiaramente che cosa è bene e che cosa è male. Tutto questo non per esercitare una sterile autorità ma per dare al figlio ciò di cui lui ha più bisogno dopo cibo e protezione. Quella bussola interiore che gli sarà necessaria per saper leggere non solo dentro di sé ma anche per sapersi muovere nel mondo.
E quindi?
Ogni padre dovrebbe fermarsi un attimo a riflettere un po’ e domandarsi:
Di cosa ha veramente bisogno mio figlio?
Cosa gli voglio tramandare che non siano solo cose legate alla sussistenza materiale?
Quali valori vorrei che facesse suoi?
Sono in grado di mettermi in gioco e di accettare di non essere capito?
Davvero dire sempre di sì fa il bene del ragazzo?
Non sarà forse la paura di essere contestato e di affrontare la fatica di un possibile rifiuto?
Domande semplici, ma esistenzialmente importanti che ci fanno dire come, a ben vedere, la crisi della gioventù (tema sempre di moda) non è colpa solo di coloro che la vivono ma anche, e sempre più spesso, degli adulti che hanno rinunciato a fare la loro parte. Per amore, per quieto vivere, o semplicemente perché educare richiede spesso lucidità, fatica e vero coinvolgimento.
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